sabato 9 giugno 2012

portare mio figlio

Portare il mio bambino in questi 13 mesi:

 

Ho portato mio figlio da subito. Il quinto giorno siamo usciti di casa, lui nella fascia elastica, e da quel giorno insieme siamo andati ovunque. Abbiamo viaggiato sul tram, sul treno, abbiamo fatto lunghe passeggiate, nei parchi ma anche in città, siamo stati al fiume e a cercare funghi, al mare, a visitare Barcellona e Parigi e tutti i loro musei. Abbiamo visto concerti e abbiamo ballato, ma abbiamo anche fatto la coda in posta, negli uffici, siamo passati attraverso corridoi e stanze, sotto alberi, su scale. Abbiamo lavorato in laboratorio e abbiamo ristrutturato casa, dipinto le stanze, abbiamo cucinato e apparecchiato tavola, siamo stati al mercato a far la spesa, abbiamo incontrato amici e chiacchierato alle feste. Abbiamo vissuto insieme tutte queste esperienze, lui prima solo percependole nella fascia sulla mia pancia, poi crescendo le ha vissute sempre più attivamente dalla mia schiena a sul mio fianco. Sul fianco gli ho presentato il mio mondo, gli ho presentato le persone, gli amici. Al suo fianco, proteggendolo con il braccio, insieme alla stessa altezza. Sulla schiena si è appisolato ovunque.
Questo per me è portare, al di là della correttezza delle posizioni, che sono fondamentali per poter vivere bene tutto questo. Al di là di tutta la teoria che c'è dietro, e ce n'è. Portare per me significa stare insieme, essere presenti, non poter mentire perchè lui sente, si accorge; non poter distrarsi, non  poterlo dimenticare  perchè lui è lì a contatto e ti guarda, e ha bisogno di te. Significa soddisfare le sue aspettative, che siano di natura emotiva o fisica. E' impegnativo. Ma sono convinta che per quello che ha ricevuto, la ricchezza delle esperienze, vale la pena. Quando ero incinta  nel libro "Portare i piccoli" di Esther Weber avevo letto che in Zimbawe... ogni bambino dopo la nascita per tre anni ha il diritto di vivere in "groppa" alla madre......il bambino si trova "incollato" sul continente schiena in groppa, in quel luogo, che serve per spiccare il volo, nel luogo di partenza nel viaggio della vita e ancora la famiglia africana è immancabilmente il quadro entro il quale il bambino scopre progressivamente il mondo.... dal sicuro marsupio  potrà anche farsi una prima ma larga idea visiva del mondo...senza peraltro doversi direttamente impegnare (pag. 24-25 di Imfield Al). Erano state queste parole che mi avevano colpito profondamente e per cui ho deciso di portare anche io mio figlio. Ho vissuto la mia infanzia nei paesi arabi e ho sempre visto bambini portati sulla schiena così non ho avuto paura a provare, ho pensato che se ci riuscivano loro serenamente lo avrei potuto fare anche io, così Giuliano dall'età di due mesi guarda il mondo dalla mia groppa. E sente me attraverso la pelle. Sono convinta che, anche supportata dagli studi che sto facendo, questo tipo di presenza fisica ed emotiva servirà a mio figlio per approciarsi alla vita con una serenità interiore data dalla certezza "tangibile" di essere stato amato e seguito in un periodo così fragile e bisognoso della sua vita. Per me portare vuol dire presenza, totale e incondizionata.