martedì 24 luglio 2012

il portare dal punto di vista del mio bimbo


Mi sono sempre chiesta, con la sicurezza in me stessa che mi contraddistingue, se per caso ogni tanto non imponessi la fascia al piccolo. D'altronde in giro ogni tanto me lo chiedono: non lo costringi così appiccicato? lo stai imprigionando, lascialo libero, così non si può muovere, ecc e tutte quelle belle cose che accrescono la tua autostima di madre che si fa delle domande. No, è ovvio, lo studio, lo leggo, ne sono sicura, lo sento, però in fondo in fondo, là dove resiste ancora tutto ciò che ti hanno inculcato da quando sei nata,  l'educazione al distacco, all'indipendenza esteriore ma non a quella spontanea, rimane sempre un piccolo dubbio.
Beh, per fortuna che ci sono i figli che mettono tutto a posto.
 L'altro giorno ero incasinatissima, 200 cose da fare, e lui che ha bisogno. Fai tutto e fai niente. Due coccole lì, due telefonate là, due righe di un libro da leggergli lì, altre due telefonate, il pranzo, la casa ecc ecc. Inutile dire che il mio livello di stress si alzava sempre di più, e soprattutto perchè sentivo che lui aveva bisogno e io non potevo concentrarmi su di lui. Stavo andando in tilt.
Cos'ha fatto quell' affarino di 80cm di tenerezza?
E' andato dietro la poltrona, dalla cesta delle fasce ha preso la fascia ad anelli che ultimamente usiamo spesso, e me l'ha portata......
Inutile dire che il tempo si è fermato.
Peccato non avere avuto una telecamera per fissare per sempre questo momento.
Ho capito che per lui la fascia è contatto, serenità, fare la pace, tempo per lui, tempo per noi in mezzo al macello. Ho capito che non sto sbagliando, che essere portato per lui è esattamente quello che mi ha spinto  a portarlo. 
Con un solo gesto, semplice ma carico di significato, quell'esserino che ancora non parla ha detto tutto quello che c'è da dire e da sapere.
Meno male che ci sono i bimbi che mettono tutto al posto giusto.

il cesto del portare....

lunedì 9 luglio 2012

prime avvisaglie di autonomia....

In questo periodo ho ripreso un po' a lavorare, e sto portando tutte le mattine Giuliano Libero da mia madre. Abbiamo fatto la cosa gradualmente ed è andata abbastanza bene, a parte i  miei pianti e sensi di colpa iniziali...Comunque lui e la nonna si divertono un sacco, il problema è stato il salutoquando vado via. Subito ho fatto come consigliava mia madre e cioè sparire ed andare via alla chitichella mentre lui era distratto. Però la cosa non mi convinceva, perchè il messaggio era: quando vai dalla nonna la mamma sparisce. Ed infatti Giuliano ha iniziato a piangere ogni volta che , da mia madre, mi spostavo in un'altra stanza. Non credo che bisogna mentire ad un bambino, anche se così piccolo. E sicuramente non mi piace se piange vedendomi andare via. Allora ne ho parlato un po' con amiche e ho cambiato maniera: cerco di creare  un rito del distacco ed uno del ritorno. Anche in macchina metto sempre lo stesso cd. Risultato: in macchina è contento e concentrato sulla musica per tutto il viaggio, poi suoniamo il campanello insieme,e dopo poco usciamo tutti insieme, lui sulla carrozzina, per fare un giro con la nonna. Facendo così, quando lo saluto e gli dico la frase di rito, rimane tranquillo, quasi non facesse caso a me che me ne vado. Se rimangono a casa è più difficile che non patisca. A volte l'ho salutato troppe volte ed ha pianto un casino.
Ma venerdì è successo qualcosa. Mia madre non poteva uscire subito così il saluto l'ho dovuto fare in casa e in genere patisce. Lui stava giocando, l'ho baciato e gli ho detto che mamma va a lavorare e che torna presto ecc ecc e mi sono diretta verso la porta. Lui mi è venuto incontro chiamandomi ad abbracciarmi e poi, al posto di piangere, con le braccia si è allontanato e si è girato, e se n'è andato via. Mi ha lasciata andare lui...
 L'ho vissuta come una grande dimostrazione di autonomia da parte sua. Sono orgogliosa di quel piccoletto!

giovedì 5 luglio 2012

partorire cantando...


 
Il mio parto cantato
E’ passato un mese.
Metto su le tre canzoni per la respirazione, rientro in quell’atmosfera…
Ricordo la musica, la luce bassa, l’atmosfera quasi mistica, il sudore, il mio compagno che mi tiene stretta, le ostetriche.
Il mio parto e la sua nascita.
Sono le 21, ho le prime avvisaglie, siamo a casa di amici. Torniamo a casa e metto su le canzoni che ho preparato per il rilassamento. Meno male che giusto nel pomeriggio avevo visto come si mettevano in ripetizione continua. Intanto prepariamo la stanza, i cuscini, il caffè nel termos, le coperte, e metto le canzoni per respirare. All’una meno un quarto faccio chiamare da Armando le ostetriche (io non riesco più tanto a parlare) e inizio a “vocalizzare” mentre mi accovaccio davanti allo sgabello. Seguo la musica, che conosco bene perché l’ho cantata tante volte. Quando fa più male faccio uscire bene la voce, ora capisco cosa intendeva l’insegnante, ora viene naturale tirarla fuori, non per urlare ma per far uscire fuori dal corpo il dolore.
Poi arrivano le ostetriche, il medico, non ci sono più dubbi, è proprio arrivato il momento. Non c’è più il tempo, ho gli occhi chiusi e mi concentro sulla musica. Cerco di seguire la musica, più fa male più mi concentro.  Quando perdo il filo Armando vocalizza con me e mi riporta sulla nota. Anche le ostetriche cantano. Probabilmente da fuori sembra una seduta spiritica o una casa di matti…! Intanto passano così quattro ore e io faccio di tutto per non perdere la concentrazione, vocalizzare respirando bene così va tutto bene e dura il meno possibile…
Poi lo sento che sta uscendo, ma non apro gli occhi per non interrompere nulla, e mi concentro sulle note e canto (se così si può dire). E così nasce.
Mi sembra sia stato un parto collettivo, un team in perfetta armonia, che è arrivato al traguardo insieme. L’atmosfera era veramente mistica, la musica mi è servita come filo conduttore di tutto, è servita a tenere insieme tutto e tutti, un filo a cui aggrapparsi per non perdere il controllo. Perché  quando ho perso il controllo loro mi hanno riportato sulla nota della canzoni e mi sono ripresa. Il grido non è un grido, è l’impeto che esce dal corpo e segue la musica, non ti spaventa.
E poi lui è nato. Come mi ha detto Marina, l’ostetrica, l’ho respirato fuori, l’ho cantato fuori, e lui è uscito. E ho aperto gli occhi. E l’ho visto. E abbiamo pianto. E quando ce l’hanno messo sulla pancia gli abbiamo cantato la sua canzone, scritta quel pomeriggio, e con l’altra musica preparata per l’evento.
Ancora oggi, ogni giorno gli canto la sua ninna nanna, e per tranquillizzarlo o addormentarlo gli metto la musica che ha ascoltato in gravidanza, il carillon quando lo cambio, il cd sempre lo stesso in macchina, il cd degli zii durante il pomeriggio, perché si senta abbracciato da un suono amico che già conosce e non si spaventi.
Non so come sarebbe stato tutto senza musica, ne abbiamo parlato io e Armando. Forse un po’ più freddo, più frammentato. Forse avrei avuto paura.
Si, sarebbe stato diverso.
Un altro parto però non me lo immagino senza musica.
Federica
mamma di Giuliano Libero, nato il 5 maggio 2011…scritta un mese dopo.