giovedì 5 luglio 2012

partorire cantando...


 
Il mio parto cantato
E’ passato un mese.
Metto su le tre canzoni per la respirazione, rientro in quell’atmosfera…
Ricordo la musica, la luce bassa, l’atmosfera quasi mistica, il sudore, il mio compagno che mi tiene stretta, le ostetriche.
Il mio parto e la sua nascita.
Sono le 21, ho le prime avvisaglie, siamo a casa di amici. Torniamo a casa e metto su le canzoni che ho preparato per il rilassamento. Meno male che giusto nel pomeriggio avevo visto come si mettevano in ripetizione continua. Intanto prepariamo la stanza, i cuscini, il caffè nel termos, le coperte, e metto le canzoni per respirare. All’una meno un quarto faccio chiamare da Armando le ostetriche (io non riesco più tanto a parlare) e inizio a “vocalizzare” mentre mi accovaccio davanti allo sgabello. Seguo la musica, che conosco bene perché l’ho cantata tante volte. Quando fa più male faccio uscire bene la voce, ora capisco cosa intendeva l’insegnante, ora viene naturale tirarla fuori, non per urlare ma per far uscire fuori dal corpo il dolore.
Poi arrivano le ostetriche, il medico, non ci sono più dubbi, è proprio arrivato il momento. Non c’è più il tempo, ho gli occhi chiusi e mi concentro sulla musica. Cerco di seguire la musica, più fa male più mi concentro.  Quando perdo il filo Armando vocalizza con me e mi riporta sulla nota. Anche le ostetriche cantano. Probabilmente da fuori sembra una seduta spiritica o una casa di matti…! Intanto passano così quattro ore e io faccio di tutto per non perdere la concentrazione, vocalizzare respirando bene così va tutto bene e dura il meno possibile…
Poi lo sento che sta uscendo, ma non apro gli occhi per non interrompere nulla, e mi concentro sulle note e canto (se così si può dire). E così nasce.
Mi sembra sia stato un parto collettivo, un team in perfetta armonia, che è arrivato al traguardo insieme. L’atmosfera era veramente mistica, la musica mi è servita come filo conduttore di tutto, è servita a tenere insieme tutto e tutti, un filo a cui aggrapparsi per non perdere il controllo. Perché  quando ho perso il controllo loro mi hanno riportato sulla nota della canzoni e mi sono ripresa. Il grido non è un grido, è l’impeto che esce dal corpo e segue la musica, non ti spaventa.
E poi lui è nato. Come mi ha detto Marina, l’ostetrica, l’ho respirato fuori, l’ho cantato fuori, e lui è uscito. E ho aperto gli occhi. E l’ho visto. E abbiamo pianto. E quando ce l’hanno messo sulla pancia gli abbiamo cantato la sua canzone, scritta quel pomeriggio, e con l’altra musica preparata per l’evento.
Ancora oggi, ogni giorno gli canto la sua ninna nanna, e per tranquillizzarlo o addormentarlo gli metto la musica che ha ascoltato in gravidanza, il carillon quando lo cambio, il cd sempre lo stesso in macchina, il cd degli zii durante il pomeriggio, perché si senta abbracciato da un suono amico che già conosce e non si spaventi.
Non so come sarebbe stato tutto senza musica, ne abbiamo parlato io e Armando. Forse un po’ più freddo, più frammentato. Forse avrei avuto paura.
Si, sarebbe stato diverso.
Un altro parto però non me lo immagino senza musica.
Federica
mamma di Giuliano Libero, nato il 5 maggio 2011…scritta un mese dopo.

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